Obsolescenza programmata: tutto quello che c’è da sapere

DiMarco Nisticò

PUBBLICATO IL 6 Nov 2018 ALLE 18:01 - AGGIORNATO IL 15 Novembre 2018 ALLE 18:59

Oggi vogliamo parlare di un argomento piuttosto controverso, ovvero l’obsolescenza programmata. Si tratta di processi che portano un dispositivo a funzionare sempre meno dopo tot tempo di utilizzo.

Quante volte si sente dire che i prodotti non durano più come una volta. In effetti è sempre meno il tempo che passa tra l’acquisto di un nuovo dispositivo e quello successivo, per via di malfunzionamenti o problemi che richiederebbero una spesa troppo alta per poter essere risolti. L’esempio più calzate è senza dubbio quello degli smartphone. Dopo qualche anno, solitamente poco più di due anni (tempo massimo della garanzia legale), il device inizia a mostrare subito segni di rallentamento, non è più reattivo come prima e porta l’utente a comprarne uno nuovo. Può sembrare una conseguenza naturale del normale utilizzo ma in realtà è dovuto alla cosiddetta obsolescenza programmata.

I vari produttori di smartphone, come molti di voi sapranno, rilasciano periodicamente degli aggiornamenti software per migliorare la sicurezza dei propri dispositivi o correggere bug. Il problema è che alcuni di questi update, solitamente quelli più recenti, portano inevitabilmente al rallentamento del dispositivo, diminuendone le prestazioni. Da questo punto in poi la situazione non fa che peggiorare, costringendoci all’acquisto di un nuovo dispositivo. E’ un problema ormai risaputo da tempo, ma che l’utente può evitare solamente non aggiornando il dispositivo. Però è una soluzione che non consigliamo poiché esporrebbe il telefono a possibili attacchi informatici e vulnerabilità.

Recente è la notizia secondo cui Samsung ed Apple sono state multate per ben 5 milioni di euro proprio per l’obsolescenza programmata. Un fenomeno che sta portando vari paesi d’Europa (Francia tra i primi) ad inserire delle leggi apposite e multe sempre più severe per chi sfrutta questa pratica solamente per generare più profitto. Alla fine si tratta proprio di questo poiché le varie aziende costringono i propri clienti a comprare un nuovo smartphone anche se in realtà il dispositivo risulta ancora perfettamente funzionante.

L’obsolescenza programmata c’è sempre stata

L’obsolescenza programmata è un argomento di cui si sta discutendo negli ultimi mesi, anche attraverso notizie di aziende colpite dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM). Però forse molti non sanno che questo fenomeno non è poi così recente come si potrebbe pensare. Infatti l’obsolescenza programmata fu applicata anche alle prime lampadine, intorno agli anni ’30. Il concetto era praticamente lo stesso, ovvero produrre delle lampadine che dopo tot ore (circa 1000) avrebbero smesso di funzionare, anche se in realtà la loro autonomia era molto più elevata. In questo modo l’azienda produttrice avrebbe fatturato di più con la vendita di molte più unità.

Non bisogna quindi pensare che solamente con l’arrivo degli smartphone si è pensato di procedere con l’obsolescenza programmata. E’ sicuramente vero che prima il fenomeno era decisamente molto più limitato rispetto ad ora, ma bisogna anche sottolineare il fatto che allo stato attuale la tecnologia si è evoluta in maniera esponenziale e che quindi il fenomeno si è potuto diffondere a macchia d’olio in men che non si dica. Qualsiasi oggetto elettronico ora ha una durata sicuramente minore rispetto a prima. Ovviamente l’obsolescenza programmata non viene applicata su ogni singolo prodotto venduto al giorno d’oggi, però bisogna informarsi sull’argomento e cercare di prendere quante più precauzioni possibili.

Come viene applicata l’obsolescenza programmata

L’obsolescenza programmata può essere applicata sia tramite software che hardware. Nel primo caso si tratta semplicemente di un aggiornamento software che va ad influire negativamente sulla velocità di utilizzo del dispositivo, che mostrerà segni di rallentamento o altri problemi simili. Esiste però anche un caso ben peggiore, quello hardware, in cui il produttore decida già a priori di progettare e sviluppare un circuito che sia predisposto a smettere di funzionare appena dopo il termine della garanzia. Tale pratica porta vantaggi solamente al produttore, visto che spinge il consumatore all’acquisto di un modello più recente, convinto anche dalle numerose pubblicità che si possono vedere in televisione. Riparare il modello vecchio diventa quindi un’operazione sempre più obsoleta, preferendo prendere un modello nuovo piuttosto che aggiustarne uno magari di 4-5 anni fa.

Oltre all’evidente reato che commettono le varie multinazionali che eseguono tale pratica, l’obsolescenza programmata risulta un grosso problema anche per l’ambiente, visto la maggior quantità di rifiuti che si vanno a produrre. L’ideale sarebbe poter riciclare i vecchi dispositivi in maniera responsabile, ad esempio sfruttando le componenti elettroniche ancora funzionanti per ricondizionare dispositivi non funzionanti.

Ad oggi sono state indette numerose class action e proteste da parte dell’Antitrust, di Altroconsumo e da varie associazioni ambientali, per la protezione del consumatore stesso ma anche come atto di rispetto nei confronti di un ambiente sempre più contaminato.

Come verificare che il proprio dispositivo sia meno performante

Come già detto, l’obsolescenza programmata può provocare instabilità e performance ridotte, specialmente su smartphone, tablet e dispositivi simili. Gli smartphone sono sicuramente i dispositivi più colpiti, dato che rappresentano ormai la fetta di mercato più ampia al mondo. Esiste però un metodo per capire se un determinato aggiornamento possa aver colpito negativamente la velocità del proprio smartphone.

Basterà semplicemente installare AnTuTu Benchmark, app realizzata dal noto portale dedicato ai benchmark degli smartphone, ed avviare un test prima e dopo l’installazione di un aggiornamento. Al termine del test verrà dato un punteggio che indica le performance del vostro dispositivo. Se notate una differenza sostanziale tra il punteggio iniziale e quello finale, allora probabilmente quell’aggiornamento potrebbe portare ad un più rapido deterioramento e malfunzionamento dello smartphone. In questo caso si può procedere con l’installazione di una custom ROM, come ad esempio LineageOS, i cui aggiornamenti sono sviluppati interamente dagli autori della ROM e quindi non dai produttori di smartphone. Questa è una soluzione che potrebbe arginare temporaneamente il problema. Ovviamente dipende anche dal dispositivo in vostro possesso. Se avete un modello eccessivamente datato forse è il caso di fare un nuovo acquisto, magari scegliendo uno smartphone non troppo costoso.

CONSIGLIO PER L’ACQUISTO: se cercate uno smartphone potente e che non abbia bisogno di particolari aggiornamenti, il nuovo Mate 20 Pro può essere l’ideale.

Di Marco Nisticò

Sviluppatore informatico, cerco sempre di stare al passo con i tempi in un mondo ormai circondato dalla tecnologia.

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